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Musica

Phil Palmer ospite di Stefano Mannucci per una nuova tappa del viaggio di Batti il tempo al Centro Culturale Moby Dick (Roma)

Sabato 18 novembre, Centro Culturale Moby Dick, ore 18.00 (Via Edgardo Ferrati, 3a): nuova tappa per il viaggio di Batti il tempo, il libro di Stefano Mannucci uscito per Il Castello che racconta i grandi fatti della storia attraverso la musica e i grandi momenti della musica ispirati dalla storia. Ospite musicale dell’incontro il mitico Phil Palmer, ben noto chitarrista dei Dire Straits Legacy ma anche prezioso interprete a fianco di artisti come Eric Clapton, Bob Dylan, Paul McCartney e molti altri. Ad introdurre questo incontro fra parole e musica sarà Valentina Farinaccio, giornalista e scrittrice e organizzatrice degli eventi culturali per Moby Dick.

Ricordiamo che i Dire StraitsLlegacy saranno in tour in Italia dal 22 novembre (Napoli) fino al 7 dicembre (Cagliari) passando per Catania, Palermo, Bari, Roma, Torino, Varese, Milano.

Batti il tempo è il titolo del nuovo libro (il suo terzo, dopo i precedenti “Il suono del secolo” e “L’Italia suonata”) del giornalista e critico musicale Stefano Mannucci, in uscita mercoledì 25 ottobre per Il Castello marchio Chinaski Edizioni. La musica nella storia e la storia dentro la musica. È il filo conduttore teso dall’autore nel realizzare questo volume, che racconta molti dei fatti storici più importanti dell’America e dell’Europa tra gli Anni Sessanta e Settanta, attraverso l’occhio della musica. Con un titolo a doppia lettura: “battere il tempo”, percepire il ritmo e il senso della propria epoca per creare un suono mai udito prima, e correre più veloce della Storia stessa che bracca soprattutto i giovani, quelli di mezzo secolo fa e quelli di oggi. Con gusto scopertamente narrativo, aneddoti spesso poco conosciuti legano tra loro Miles Davis e il razzismo dilagante di quegli anni attraverso la sua love story con Juliette Gréco; Bob Dylan che lancia nelle canzoni la sfida autoriale a Lennon e poi si rintana nell’auto-carro funebre di Neil Young; Johnny Cash che dopo essere stato giudicato “il figlio sbagliato” dal proprio padre, sceglie di stare dalla parte degli ultimi fino a una clamorosa presa di posizione contro la guerra del Vietnam.

Se le vicende di Martin Luther King si sviluppano di pari passo con la vita di Aretha Franklin, e quelle di Malcom X ispirano il proto-rap (con Hendrix che spunta in studio), Beatles e Rolling Stones sono indissolubilmente legati ai movimenti pacifisti e alla Guerra Fredda. Come non ricordare la “maledizione” dei Beach Boys quando si parla della tragica escalation criminale di Charles Manson? E la nascita del flower power in margine a manifestazioni hippie in cui ci si proponeva di far letteralmente “levitare da terra” il Pentagono con la forza psichica? Oppure la corsa allo spazio che tanto ha suggestionato la produzione artistica dei Pink Floyd di Syd Barrett, e le visioni cosmiche di David Bowie. “Batti il tempo” però non è un mero manuale cronistorico di quegli anni. Mannucci impreziosisce i racconti con delicate fotografie che immortalano i rapporti d’amicizia e i contrasti tra le rockstar, in altri casi scappatelle amorose o la condivisione degli eccessi come alcool e droga. Un dipanarsi di intrecci tra un delirante duetto tra Jim Morrison e Jimi Hendrix, oppure John Lennon e Mick Jagger che girano in taxi per Londra, fino a Janis Joplin che ci prova con un giovane Bruce Springsteen. In un turbine di sliding doors l’autore si chiede cosa sarebbe successo alla storia del mondo e della musica se Grace Slick fosse riuscita nell’intento di versare l’LSD nel the del presidente Nixon. Come sarebbero andate le cose se Rory Gallagher, riluttante eroe irlandese, fosse davvero diventato il chitarrista degli Stones, al posto di Mick Taylor? Senza contare che Frank Zappa progettò concretamente di correre per la presidenza degli USA. Tra le “tre vite” di Joni Mitchell, la luna che fa cadere da un tetto Robert Wyatt spingendolo a esplorare altri universi musicali, la critica progressive alla Britannia Felix da parte dei Genesis di Peter Gabriel, la sregolatezza di John Coltrane e un sentito ritratto dei Buckley padre e figlio e di Nick Drake.

Il libro si conclude poi con un dialogo immaginario e surreale tra le “ombre” del Rock River: i grandi defunti della musica come Cliff Burton, John Bonham o Sinead O’Connor e tanti altri che dialogano malinconicamente tra loro. Per finire un capitolo dal contenuto futuribile, ma non troppo: Elvis non è morto e con l’avvento di Internet, AI e metaverso la certezza della Storia è di fatto cancellata. Prefazione a cura dei Fast Animals and Slow Kids.